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Come Sollecitare la Risposta della Pubblica Amministrazione

Sollecitare una risposta alla Pubblica Amministrazione è un’esperienza comune a cittadini e professionisti. Prima di agire conviene capire perché il procedimento sembra fermo e che cosa la legge considera un ritardo. In Italia il quadro di riferimento è la legge 241/1990 sul procedimento amministrativo: ogni istanza deve avere un responsabile del procedimento, un termine per la conclusione e un provvedimento espresso, salvo i casi in cui opera il silenzio-assenso. Il termine ordinario è spesso di trenta giorni, ma può essere diverso per materia o regolamento interno; non decorrono i giorni in cui l’amministrazione attende integrazioni documentali legittimamente richieste o i tempi di conferenza di servizi. È ritardo quando il termine è spirato senza che ti sia stato comunicato un provvedimento conclusivo o una sospensione motivata. È “ritardo percepito” quando mancano informazione, tracciabilità e dialogo: anche qui si può intervenire, ma con strumenti diversi. Conoscere la differenza evita di bruciare passaggi utili e di alzare subito il livello del contenzioso.

Indice

  • 1 Mettere in ordine le carte: la base per un sollecito efficace
  • 2 Il primo passo soft: contatto informale e richiesta di stato
  • 3 Il sollecito formale: come scriverlo e a chi inviarlo
  • 4 Potere sostitutivo: l’arma rapida quando il termine è scaduto
  • 5 Silenzio assenso e silenzio rigetto: sapere quando il silenzio vale
  • 6 Accesso agli atti e accesso civico: far luce sul fascicolo
  • 7 Indennizzo da ritardo e risarcimento del danno: quando si può chiedere
  • 8 Difensore civico e organismi di garanzia: mediazioni che sbloccano
  • 9 Il rimedio forte: ricorso al TAR per silenzio-inadempimento
  • 10 Come impostare un sollecito che funziona davvero
  • 11 Cause tipiche del ritardo e soluzioni mirate
  • 12 Tenere traccia e creare un percorso di carta
  • 13 Prevenire il problema alla fonte: presentazioni complete e canali giusti
  • 14 Conclusioni

Mettere in ordine le carte: la base per un sollecito efficace

Un sollecito funziona se è fondato su dati chiari. Serve il numero di protocollo della tua istanza, la data di presentazione, la descrizione sintetica dell’oggetto e la norma o il bando su cui si fonda la richiesta. Se hai usato piattaforme telematiche con SPID o CIE, scarica la ricevuta di invio e lo stato del fascicolo: molti sportelli SUAP, SUE o servizi sociali hanno un cassetto digitale dove sono visibili le fasi del procedimento. Se non trovi traccia, passa dall’Ufficio Relazioni con il Pubblico o dalla casella PEC istituzionale per chiedere l’avvenuta protocollazione; senza protocollo è come se non si sapesse dove si trova la pratica. Verifica se l’amministrazione ti ha chiesto integrazioni e se hai risposto nei termini: quelle giornate non contano nel cronometro del ritardo. Con questi elementi puoi impostare un sollecito preciso, che è sempre più persuasivo di un generico “non mi rispondete”.

Il primo passo soft: contatto informale e richiesta di stato

Prima della diffida formale è spesso utile un contatto informale con il responsabile del procedimento. La 241/1990 prevede che il nominativo sia comunicato all’avvio; se non lo conosci, chiedilo all’URP. Un’email o una telefonata cortese, con protocollo alla mano, consente di capire se la pratica è in istruttoria, se è in attesa di parere di un altro ufficio o se è stata sospesa per integrazioni. Questo passaggio, fatto bene, produce due risultati: rianima pratiche “addormentate” e raccoglie informazioni che potranno essere richiamate in un successivo sollecito formale. Quando c’è un bando o un termine perentorio in gioco, domandare se è stato adottato un provvedimento interno di sospensione o se è in corso una conferenza di servizi ti permette di misurare i tempi residui realistici.

Il sollecito formale: come scriverlo e a chi inviarlo

Se i termini sono scaduti senza esito, è tempo di un sollecito scritto da inviare via PEC o raccomandata A/R all’ufficio competente, mettendo in copia l’URP o la casella generica dell’ente. Un testo efficace contiene riferimento all’istanza originaria con data e protocollo, richiamo al termine legale o regolamentare decorso, istanza di conclusione del procedimento con provvedimento espresso e richiesta di comunicazione entro un termine ragionevole. È utile citare la base giuridica con misura: menzionare l’articolo 2 della legge 241/1990 sul dovere di conclusione e, quando pertinente, l’articolo 2-bis sul risarcimento da ritardo, segnala che conosci i tuoi diritti senza trasformare subito il confronto in minaccia. Se per la tua materia è previsto il silenzio-assenso, richiamarlo con chiarezza e domandare conferma della formazione del titolo per silentium rafforza la tua posizione. Il sollecito è anche l’occasione per richiedere formalmente il nominativo del responsabile del procedimento se non ti è stato comunicato: l’amministrazione ha l’obbligo di indicarlo.

Potere sostitutivo: l’arma rapida quando il termine è scaduto

La 241/1990 prevede che, decorso inutilmente il termine, tu possa rivolgerti al titolare del potere sostitutivo indicato sul sito dell’ente. È un dirigente o un funzionario che, ricevuta la tua istanza, deve concludere il procedimento in un termine pari alla metà di quello originario o, comunque, entro un massimo fissato dall’ente. Attivare il potere sostitutivo è spesso il passaggio più efficace: segnala alla struttura che il tempo è scaduto e che ora la responsabilità si sposta su un livello superiore. Nella tua PEC indica che stai esercitando la facoltà di cui all’articolo 2, comma 9-bis, allega il sollecito precedente e chiedi espressamente la definizione del procedimento o la motivata comunicazione della sospensione. Questo strumento è pensato per sbloccare pratiche senza dover ricorrere da subito al giudice, ed è bene usarlo.

Silenzio assenso e silenzio rigetto: sapere quando il silenzio vale

Non tutti i procedimenti si chiudono con un provvedimento espresso. In molti casi amministrativi il silenzio dell’ente equivale ad assenso, con la formazione di un titolo tacito trascorsi i termini; è la regola del “silenzio-assenso”. Attenzione però alle numerose esclusioni: tutela ambientale, paesaggistica e culturale, salute e pubblica incolumità, immigrazione e cittadinanza, e altri settori sensibili non si chiudono con il silenzio. Al contrario, in alcune procedure di provvedimenti straordinari il silenzio equivale a rigetto. Verificare se la tua istanza rientra in una disciplina di silenzio assenso ti cambia strategia: in quel caso, più che sollecitare, può convenire comunicare all’ente che intendi avvalerti del titolo tacito e chiedere conferma dell’intervenuta formazione. Conserva rigorosamente la prova del deposito e dello spirare dei termini: sono la tua tutela in caso di controlli.

Accesso agli atti e accesso civico: far luce sul fascicolo

Quando il ritardo nasconde un’istruttoria che non riesci a vedere, lo strumento giusto è l’accesso agli atti. La 241/1990 ti riconosce il diritto di prendere visione e di ottenere copia degli atti del procedimento che ti riguarda. Presentare domanda di accesso, col medesimo protocollo del fascicolo principale, costringe l’amministrazione a farti sapere che cosa c’è e che cosa manca. Se pensi che il problema non sia il tuo fascicolo ma, ad esempio, un ufficio che non risponde alla conferenza di servizi, l’accesso civico generalizzato (FOIA, d.lgs. 33/2013) può essere usato per conoscere tempi e responsabilità. È uno strumento delicato: meglio usarlo per chiarire e non per “ingolfare” la struttura. Spesso l’effetto pratico è un’accelerazione perché la richiesta di accesso obbliga a mettere ordine nei documenti.

Indennizzo da ritardo e risarcimento del danno: quando si può chiedere

Dal 2012 molte amministrazioni hanno introdotto meccanismi di indennizzo automatico per il ritardo nella conclusione del procedimento. Quando previsti, al superamento del termine e di quello del potere sostitutivo ti viene riconosciuta una somma forfettaria per ogni giorno di ritardo, previa domanda. È diverso dal risarcimento del danno da ritardo previsto dall’articolo 2-bis della 241/1990. L’indennizzo è automatico e di importo predeterminato; il risarcimento va provato: devi dimostrare non solo il ritardo, ma un danno concreto patrimoniale o non patrimoniale causato da quel ritardo e il nesso causale. Il primo è una leva per chiudere rapidamente, il secondo è materia da contenzioso. Citare l’indennizzo nel sollecito ha un peso; chiedere danni in quella sede ha senso solo se già hai elementi solidi.

Difensore civico e organismi di garanzia: mediazioni che sbloccano

In molte Regioni opera il Difensore civico, figura indipendente a cui puoi rivolgerti per segnalare ritardi o cattiva amministrazione. Non ha poteri sostitutivi, ma può sollecitare l’ente, chiedere chiarimenti, favorire la comunicazione. In settori specifici esistono organismi settoriali (per esempio per l’energia e i trasporti) che gestiscono reclami e conciliazioni: se il tuo rapporto con la PA passa da un concessionario pubblico o da un gestore di servizi, usare questi canali spesso è più rapido che l’azione legale. Il loro coinvolgimento è una soluzione “a basso attrito” quando la struttura è refrattaria ai solleciti formali.

Il rimedio forte: ricorso al TAR per silenzio-inadempimento

Quando il ritardo è conclamato e gli strumenti interni non hanno funzionato, il passo successivo è il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l’accertamento del silenzio-inadempimento ai sensi dell’articolo 31 del Codice del processo amministrativo. Il giudice non sostituisce la PA nel merito, ma ordina all’ente di provvedere entro un termine perentorio e, se necessario, nomina un commissario ad acta per l’esecuzione. Il ricorso presuppone che tu abbia presentato l’istanza e che sia trascorso il termine legale senza esito; non è necessario sollecitare, ma farlo rafforza la tua posizione. È uno strumento potente, ma richiede assistenza legale e tempi non istantanei. Va usato quando c’è un interesse concreto e attuale a ottenere la decisione, non come “punizione” per un ritardo di pochi giorni.

Come impostare un sollecito che funziona davvero

Un buon sollecito è chiaro, documentato e costruttivo. Indica fin dall’oggetto che si tratta di sollecito a provvedere sulla pratica con il numero di protocollo. In apertura ricostruisci in due righe l’istanza e il termine legale o regolamentare, poi segnala la scadenza decorso. Chiedi espressamente l’adozione del provvedimento finale o la comunicazione dei motivi che ostano all’accoglimento o la necessità di integrazioni, con un termine breve per rispondere. Ricorda che la PA ha l’obbligo di motivare ritardi e sospensioni: se non lo fa, lo segnali. Mantieni un tono fermo ma non aggressivo; offri disponibilità a chiarimenti o incontri. Se attivi il potere sostitutivo, fallo in un paragrafo dedicato, citando la norma e indicando il tempo già trascorso. Chiudi dando evidenza dei recapiti a cui vuoi ricevere risposta. Evita allegati inutili, ma fornisci quelli essenziali: ricevuta di presentazione, eventuali integrazioni già inviate, prova dello spirare dei termini.

Cause tipiche del ritardo e soluzioni mirate

Dietro un silenzio ci sono spesso cause ricorrenti. La più comune è la mancanza di documenti o chiarimenti, non richiesta o richiesta male. Soluzione: proporre un incontro o offrire espressamente di integrare. Un’altra è il parere di terzi non pervenuto in conferenza di servizi. Soluzione: chiedere lo stato della conferenza e, se necessario, sollecitare anche l’amministrazione chiamata a rendere il parere. Spesso pesano carichi di lavoro eccezionali o blocchi organizzativi: in questi casi il potere sostitutivo e il Difensore civico sono le leve più efficaci. Non mancano i ritardi dovuti a sistemi telematici non allineati: un fascicolo “congelato” in piattaforma perché non si è chiusa una fase impedisce la protocollazione degli atti successivi; segnalare il malfunzionamento con schermate e tempi spinge la struttura IT a sbloccare. In materie tecniche, come edilizia o ambiente, la causa può essere un dubbio interpretativo: portare in sollecito una breve nota tecnica che chiarisce il punto e richiama prassi e circolari aiuta il responsabile a chiudere.

Tenere traccia e creare un percorso di carta

La forza del tuo sollecito sta anche nella tracciabilità. Conserva tutte le PEC, le ricevute di consegna, i tracciati delle piattaforme, le mail dell’URP, le note telefoniche con data, ora e referente. Se passi al giudice, il “percorso di carta” è ciò che dimostra di aver attivato ogni rimedio disponibile. Ma è utile anche prima: quando l’ente si accorge che la tua pratica ha un fascicolo ordinato e completo, tende a rispondere per chiuderla correttamente. La buona amministrazione passa anche per cittadini e professionisti che parlano il linguaggio dei procedimenti.

Prevenire il problema alla fonte: presentazioni complete e canali giusti

La migliore sollecitazione è quella che non serve. Presentare istanze complete, con tutta la documentazione richiesta e una check-list interna, riduce drasticamente le sospensioni. Usare i canali indicati dall’ente – piattaforme SUAP/SUE, moduli PEC dedicati – evita smarrimenti. Chiedere all’URP, prima del deposito, se ci sono linee guida operative o moduli aggiornati fa risparmiare settimane. Per pratiche complesse, proporre una pre-istruttoria informale o un incontro prima del deposito è spesso gradito: aiuta l’ufficio a impostare l’istruttoria e te a evitare errori. Infine, mantenere un tono collaborativo in tutte le fasi non è ingenuità: la PA è fatta di persone e un rapporto professionale rispettoso paga anche quando serve alzare il livello della richiesta.

Conclusioni

Sollecitare la risposta della Pubblica Amministrazione non è un atto di forza ma un percorso. Si parte da informazioni chiare sulla pratica e da un contatto informale, si passa a un sollecito formale ben scritto, si attiva, se serve, il potere sostitutivo, si usano accesso agli atti e, in ultima ratio, il ricorso per silenzio. Lungo il cammino si tengono tracce, si capiscono le cause del ritardo e si propongono soluzioni, ricordando che esistono differenze importanti tra procedimenti a silenzio-assenso e quelli che richiedono sempre un provvedimento espresso. La legge tutela il tuo diritto a una risposta: spetta a te esercitarlo con metodo e misura, scegliendo di volta in volta lo strumento più adatto. Con questo approccio la probabilità di sbloccare la pratica aumenta, e anche quando è necessario arrivare all’autorità giudiziaria, arrivi preparato e credibile, con tutte le carte in regola.

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Filed Under: Consumatori

Luca Paraggi

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Con anni di esperienza nel settore, Luca ha acquisito una conoscenza approfondita sui migliori prodotti per la casa, il giardino e la cura della casa, nonché sulla riparazione e la manutenzione degli elettrodomestici. Grazie alla sua passione e alla sua esperienza, Luca è in grado di offrire consigli pratici e utili per aiutare i lettori a risparmiare tempo, denaro ed energie nella scelta dei prodotti giusti.

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